Tra la Vox del sud e la Lega degli imprenditori, la sintesi cristiana

I simboli dei due partiti sovranisti. Immagini dalla rete


Qualche decennio fa, un giovane rivoluzionario italiano, Benito Mussolini, non riuscendo a realizzare il socialismo in Italia fondò il Partito Nazionale Fascista e trasferì lo scontro di classe sullo scacchiere internazionale, contrapponendo le “nazioni proletarie” come l'Italia alle “nazioni plutocratiche” capeggiate dall'Inghilterra.

Un'operazione simile, psicologica e politica insieme, viene delineata nel manifesto politico del neonato movimento Vox Italia, fondato dall'avvocato Francesco Maria Toscano dalla fusione dell'associazione Interesse Nazionale del filosofo Diego Fusaro e del partito Risorgimento meridionale per l'Italia, da lui stesso guidato. Qui la contrapposizione tra sud e nord tematizzata dal suo precedente partito viene solo accennata e risolta in ambito europeo, con l'Italia invitata a ribellarsi al processo di «mezzogiornificazione» avviato dalla «Germania e i suoi satelliti, contro i quali Vox intende muovere una battaglia politica e di pensiero». Più in generale, vengono rigettate tutte le istituzioni europee «pilotate dal Nord Europa», così come le accuse agli sprechi del sud e la narrazione sulle «false virtù del nord Europa».

Il nuovo partito Vox Italia nasce dopo la tragicomica fine del governo gialloverde formato da Lega e Movimento 5 Stelle e l'alleanza di quest'ultimo con gli antichi nemici del Partito Democratico, con l'ambizione di portare a termine le istanze di quell'esperimento politico su basi più solide. Sì è voluto cioè riempire un vuoto di rappresentanza, raccogliendo i delusi del Movimento e della Lega e cercando al contempo di attrarre i vari sovranisti dispersi nel panorama politico italiano.

La polemica sollevata da Vox contro i «sedicenti sovranisti e populisti, rapidamente assorbiti dal “sistema”» ha più di un fondamento e merita quindi un approfondimento. Se da una parte il Movimento 5 Stelle su temi caldi come l'Unione Europea, l'euro e la collocazione geopolitica dell'Italia è sempre stato piuttosto ambiguo, la posizione personale di Salvini (e quindi della Lega, sempre fedele al capo dai tempi di Bossi) sembrava più solida. Avvicinato dagli economisti Borghi e Bagnai nel 2013, quando la Lega dopo gli scandali per corruzione era crollata al 3%, Salvini ha avuto l'intelligenza politica di sposare la battaglia contro l'euro e il sistema di dominio da esso rappresentato, portando la Lega al successo del 17% nelle elezioni politiche del 2018, premessa al governo coi 5 stelle. Tuttavia, la stima mostrata nei confronti del presidente brasiliano Bolsonaro prima, poi la linea di attendismo e tiepidezza sui temi economici (attribuita in seguito almeno in parte al freno dei 5 stelle), per finire con alcune uscite clamorose come la “candidatura” di Giorgetti a ministro dell'economia e l'indicazione della Thatcher come modello politico, hanno rappresentato chiari segnali di un progressivo avvicinamento di Salvini a quei movimenti chiamati “sovranisti” e “populisti” per certe posizioni marginali o di facciata, ma in realtà molto sensibili agli interessi dei grandi industriali nazionali e dei “marcati” sovranazionali, ovvero di fatto e in alcuni casi orgogliosamente liberisti.

In realtà, però, a ben guardare, il carattere liberista è sempre stato iscritto nel DNA della Lega, dai tempi di Tangentopoli e dell'attacco concentrico allo Stato centrale da parte di vari attori italiani e stranieri. Salvini ha solo rimodulato la sua proposta politica, proiettando come Toscano i conflitti interni sul piano internazionale, dato che il nemico rappresentato da “Roma ladrona” è stato sostituito da quello ben più grande e pericoloso di Bruxelles. Tuttavia, il riferimento primo di Salvini, i principali “stakeholders” del suo partito, sono sempre rimasti i piccoli e medi imprenditori del Nord-Est, anche dopo l'ennesima mutazione della Lega in partito nazionale e populista sul modello del Front National della Le Pen.

In questa fase delicata per i “populismi” europei e mondiali, parte di un'epocale e apparentemente difficile da arrestare processo di ritorno alla centralità degli stati nazionali, non più solo esattori di tasse per ripagare il “debito sovrano” ma autentici depositari di sovranità, sembrano quindi contrapporsi sul territorio italiano due diversi sovranismi: da una parte il sovranismo meridionalista e socialista di Vox Italia, che si rivolge innanzitutto «agli sconfitti della globalizzazione, disoccupati, precari e sotto-salariati» proponendo il ripristino dello stato sociale e «scelte di politica economica che dovranno privilegiare le aree arretrate del paese»; dall'altra il sovranismo a trazione nordista e liberista della Lega, partito non ideologico a differenza di Vox e in cui convivono molte anime, ma che nell'ultima fase di governo sembrava avviato a diventare la versione italiana del Partido Social-Liberal di Bolsonaro.

Questa oggettiva contrapposizione non può essere sottovalutata, perché rivela qualcosa di importante sul nostro paese e sulla sua oggettiva fragilità, ovvero, per usare una terminologia marxiana cara all'ideologo di Vox Fusaro, il peso delle strutture economiche e sociali che poi generano le sovrastrutture dei movimenti e dei partiti politici. Il sud Italia vive ancora una situazione di pesante disagio, provato innanzitutto dalla costante emigrazione di giovani, sia al nord sia all'estero, per cui la domanda di assistenza e redistribuzione della ricchezza tramite misure di tipo socialista è fondamentale benché non esplicita nell'offerta politica di Vox. La Lega, invece, sebbene debba il suo recente successo in gran parte all'essersi fatta portavoce di un'insofferenza verso l'euro e le istituzioni europee, è ancora oggi condizionata in primo luogo da imprenditori (in buona parte ex berlusconiani) che fanno affari con l'estero e sono spaventati dalle incognite di una possibile Italexit, ma ancora di più temono uno Stato che per l'interesse della collettività possa porre un freno o fare concorrenza con le proprie aziende alle loro specifiche attività. A questo quadro bisognerebbe aggiungere il Movimento 5 Stelle, espressione del capitalismo post-industriale, come lo avevo definito in un'altra analisi di tipo marxista, ma dopo la sua alleanza col PD sembra destinato ad essere inglobato in un'anonima struttura di potere, che ha già svolto la sua funzione storica e sta utilizzando le residue energie al solo scopo dell'auto-conservazione.

Come si può ricomporre un paese così diviso ed eventualmente unire le divergenti istanze sovraniste ormai molto diffuse tra la popolazione italiana? La risposta è stata più volte suggerita su questo blog e consiste innanzitutto in un ritorno ai valori di solidarietà e al senso di comunità della Costituzione Italiana del 1948, che a loro volta si basano sulla dottrina sociale cattolica sviluppata quasi vent'anni prima sotto Pio XI, “terza via” tra socialismo e liberalismo. Più in generale, l'unico modo per comporre le divergenze che rappresentano autentiche sfide per l'Italia di oggi (ad esempio tra ricchi e poveri culturali e digitali, immigrati e cittadini, consumatori compulsivi di mode e isolati ribelli antisistema) è trovare una sintesi superiore, non verso il basso ma verso l'alto, e non può esservi vera sintesi di questo tipo che non sia nel nome di colui che nella sua persona unisce l'umano e il divino. Se da una parte la gerarchia della Chiesa Cattolica ha smesso da tempo di credere alla possibilità di “restaurare tutte le cose in Cristo” (motto di Pio X ripreso da Pio XI), ed è quindi fortemente improbabile oggi un movimento organizzato di cattolici come l'Azione Cattolica che si oppose al Fascismo o il partito della Democrazia Cristiana che ha guidato l'Italia nel dopoguerra, ciò non esclude la possibilità e il dovere per ogni cristiano pensante e responsabile di testimoniare profeticamente, innanzitutto con la propria vita, che è possibile elevarsi sopra alle contraddizioni della vita in Cristo. 

Vale la pena di sottolineare che questo processo non si rifà alla dialettica hegeliana cara ai marxisti e allo stesso Fusaro, in quanto i momenti di tesi, antitesi e sintesi sono stati presentati dalla filosofia cristiana medievale coi termini di positio, oppositio e compositio. Allo stesso modo, questa valorizzazione integrale dell'umano in Cristo è il vero umanesimo, ben diverso dall'umanesimo laicista promosso dal governo Conte bis, o dall'umanesimo “new age” relativista, genericamente spirituale ma nei fatti totalmente intramondano che sta svuotando dall'interno molte comunità religiose.

Passata come un lampo la stagione di Salvini, che si vantava di fare a meno dei consigli dei “professoroni” e degli “intellettualoni”, oggettivamente spesso piuttosto stupidi perché imprigionati in bolle mentali, la sfida lanciata da Vox Italia, che ha come garante un filosofo, interpella certamente chiunque in questi anni non si è arreso alla crescente influenza degli spin doctor, veri e propri pusher dei politici che ne gonfiavano l'ego e ne obnubilavano la mente dopando le loro iniziative politiche a forza di passaggi televisivi, like e condivisioni sui social. Chi ha ben chiari i limiti del liberalismo ma anche del socialismo 2.0 sostenuto da Fusaro (in quanto non basta riempire la pancia e gli smartphone delle persone e proporre loro in aggiunta una vaga trascendenza per renderle soddisfatte) è in grado oggi di costruire una squadra, di fare sistema e avanzare soluzioni condivise che possano ispirare l'azione politica? In queste cose, lo sappiamo bene, è Dio ad agire servendosi spesso di strumenti che risultano tanto più efficaci quanto più appaiono nascosti, eppure sono convinto che sia arrivato il momento di riproporre con forza la “terza via” cristiana. Come dopo la spaventosa crisi del 1929 Pio XI ha sentito il dovere di pubblicare la Quadragesimo Anno, così dopo la crisi del 2008 a mio avviso c'è bisogno di rilanciare la migliore dottrina sociale cattolica per un nuovo sviluppo economico e un sovranismo integrale, in cui il garante della sovranità degli stati nazionali (mediata dai corpi intermedi della società, ma fondamentale per ogni progetto autenticamente democratico, contro lo strapotere del capitale internazionale) non sia in ultima analisi l'uomo coi suoi limiti morali, materiali e intellettuali, bensì il Re dell'universo.






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