La proposta

 Se riesci a riassumere in tre paginette sei anni di ricerche, 

significa che hai trovato qualcosa e l'hai capito davvero.

(semicit.)



In questa nuova aggiunta al corpo del blog ho deciso di unire tre sintesi estreme, quella su Facebook in cui rispondendo a un dubbio spiego il significato del nome Gnosi e Noesi, quella preparata per alcuni amici su Google Docs in cui riassumo la proposta politica, poetica e profetica del think tank, e il decalogo dell'economia realista pubblicato su Telegram. Perché il destino dei contenuti affidati alle aziende del web è quanto mai incerto e trovo utile presentare anche qui dove tutto è iniziato le sintesi più avanzate del nostro lavoro. 




Il significato del nostro nome


I termini "gnosi" e "noesi" a cui ci riferiamo derivano dalla filosofia politica di Eric Voegelin. La "noesi" è la ragione aperta alla trascendenza dei filosofi classici, mentre la 'ragione' che si è affermata nella modernità per opera dei filosofi illuministi tende a negare questa tensione verso il fondamento divino dell'esistenza, in particolare quando si fa sistema chiuso, autoconclusivo e autoreferenziale, ovvero "gnosi".


Nell’analisi storico-politica di Voegelin regimi di tipo gnostico si alternano a società più aperte caratterizzate dalla noesi, ma nella nostra riflessione i due termini non sono contrapposti bensì giustapposti, perché crediamo che per agire correttamente ed eventualmente ispirare gli altri bisogna conoscere i fatti della vita per come sono e per come li vede il mondo (gnosi), ma è anche necessario integrare e superare queste conoscenze aprendosi alle realtà spirituali indicate dalle religioni, alla verità rivelata e al mistero che trascende ogni ragione (noesi).


La parola "gnosi" quindi non significa che siamo gnostici, nello specifico gnostici cristiani. Non pensiamo che Cristo vada "salvato" da qualche conoscenza umana, più antica o superiore; al contrario crediamo che alla luce della Verità incarnata possano essere “salvate”, recuperate e innalzate tutte le conoscenze ed esperienze umane.


A differenza di altri think tank dalla vaga ispirazione cristiana o patriottica, però, non siamo qui per opporci al crollo della civiltà occidentale, dei valori cristiani o dell'economia italiana, né per conservare o restaurare alcunché. Come ha scritto l’amico Aldo Nove, il mondo dev'essere finito intorno al 2008. Siamo qui per il dopo, che è già ora, per il possibile e anche per l'impossibile dopo, e il necessario “fare la nostra parte” che si realizza ora, oggi e nel prossimo futuro, esattamente dove siamo.


(marzo 2021)




Unity in diversity. Per un nuovo discorso pubblico realista


Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e i punitivi shock ultraliberisti imposti alla sua popolazione, mentre la Cina cresceva silenziosamente come superpotenza benevola grazie al suo capitalismo di Stato, l’Occidente ha cercato e prontamente trovato, calata graziosamente da intellettuali organici al sistema dominante, una nuova narrazione credibile del mondo, capace di sostenere e giustificare la più recente fase della globalizzazione (abbattimento dei vincoli alle attività finanziarie dagli anni ‘80 e delle barriere doganali dalla metà degli anni ‘90). Si è parlato di “fine della storia”, del trionfo immancabile del modello economico per cui “greed is good”, della trasformazione della politica di lotta in politica procedurale, il cui unico scopo era governare l’esistente ed estendere i diritti individuali, mentre venivano compressi i redditi e gli spazi di libertà collettivi. Appendice all’avanzata trionfale di questa estrema forma del liberalismo occidentale è stata la ricerca di un’unità del genere umano in virtù della sua presunta intrinseca bontà, finalmente libera di rivelarsi dopo la scomparsa delle contrapposizioni ideologiche e dei gioghi delle religioni. La nuova era di armonia e compassione, che avrebbe accompagnato il nuovo ordine mondiale, per svilupparsi aveva solo bisogno delle suggestioni artistiche, scientifiche o mistiche dei maturi e autorevoli “figli dei fiori” che la propagandavano. 


In seguito alla crisi economica del 2008, causata da intrinseche disfunzioni del sistema liberista non più corrette da interventi statali come nei decenni successivi alla crisi del 1929, all’ondata della globalizzazione e della sua entusiastica narrazione è seguito quindi un riflusso nazionalistico veicolato da una contronarrazione populista, che agevolandosi del “frame” narrativo dominante ha fatto perno proprio sulla presunta bontà e purezza della gente comune, opposta alla sociopatia e ai complotti delle élite. Per ogni problema complesso è stata trovata una soluzione semplice, che però era sbagliata, e tramite slogan e campagne costruite contro pochi bersagli personaggi ambigui o ipocriti hanno costruito brillanti carriere. Anche la prima stagione populista occidentale del nuovo millennio però è finita, in buona parte per i limiti insuperabili dei suoi leader, incapaci di confrontarsi adeguatamente coi problemi reali o di sviluppare strategie efficaci nel lungo periodo. Contemporaneamente, fuori dall’Europa e in particolare in Asia si sono definitivamente affermate grandi potenze regionali con ambizioni più o meno globali, spesso governate da partiti nazionalisti. All’inizio degli anni ‘20, pandemia e guerra hanno ulteriormente frammentato ciò che restava del sogno globalista per linee di alleanze tra nazioni amiche e catene logistiche più vicine ai luoghi di effettiva produzione e vendita dei beni.  


A mio parere, nel mondo multipolare in cui viviamo il concetto ottocentesco di “nazione” può essere declinato così: “la popolazione (e il territorio che occupa) al cui interno è possibile vera solidarietà, ovvero redistribuzione della ricchezza e condivisione di investimenti e perdite”. Qualcosa per intenderci che esiste negli e tra gli Stati Uniti d’America, o fra il nord e il sud dell’Italia, ma che finora non si è visto tra il centro e la periferia dell’Unione Europea. In questo senso andrebbe quindi ben compreso e valorizzato il ruolo degli stati nazionali, anche come “corpi intermedi” tra le comunità locali e le associazioni o gli organismi sovranazionali, fra cui fondi d’investimento e corporations il cui strapotere finanziario potrebbe distruggere le iniziative e la libera concorrenza degli imprenditori locali. Parallelamente, per non ricadere negli errori dei leader populisti, bisognerebbe riscoprire e raccontare la realtà sul cuore dell’uomo, che si rivela fallace e “malato”, incapace di amare davvero e facile ad essere ingannato da chi sfrutta le sue debolezze, se non viene sostenuto da doni soprannaturali o aiutato dalle comunità con tutti gli strumenti possibili, a cominciare da quelli formativi delle famiglie fino a quelli legislativi e repressivi del potere pubblico. 


Come evitare quindi abusi o distorsioni settarie del ruolo anche educativo delle comunità e degli stati nazionali? Secondo me la garanzia del pluralismo e della laicità degli stati, così come il fondamento della fratellanza universale, contrariamente a quanto fatto credere da una propaganda parziale e ferocemente quanto stupidamente anti religiosa, può essere solo il riconoscimento di valori superiori, e in particolare la regalità anche sociale dell’unico Dio che si è fatto uomo, per farci come lui. La fede in Gesù, vero Dio e vero uomo, ha basi reali e razionali, testimoniate anche da numerosi miracoli altrimenti inspiegabili. Tuttavia, in quanto dono soprannaturale, non è raggiungibile con le sole capacità umane, né tantomeno inculcabile con gli sforzi di istituzioni mondane, per cui la regalità sociale di Cristo può essere solo proposta come riferimento comune dai politici cristiani, e testimoniata per così dire nella loro viva carne. Ad essa dovrebbero ispirare le leggi, i provvedimenti e persino gli atti della ordinaria amministrazione, non per imporre la propria fede ma per rimuovere gli ostacoli alla libera azione della grazia divina, e permettere a sempre più persone di sperimentare che solo nel “regno di Cristo”, ovvero accettandolo come sovrano dei loro cuori, possono ottenere la sua pace, la vera pace nella gioia che il mondo non può dare, e con essa la concordia e il vero progresso della società.


La possibilità di sviluppo che io ancora vedo per il mondo è quindi rappresentata da un’unità del genere umano nella sua diversità, non repressa e omologata anche commercialmente sotto le insegne del politicamente corretto e del cosmopolitismo, ma bensì valorizzata in primo luogo da stati nazionali sussidiari e solidali guidati da politici realisti e generosi (da “coltivare” e sostenere fin d’ora da parte delle comunità), in cui la promozione degli individui vada di pari passo col sostegno alle loro spontanee associazioni e con la salvaguardia del bene comune, dove la proficua cooperazione venga favorita insieme alla sana e vera competizione, senza mai dimenticare la malattia originaria del cuore umano, la quale può essere sanata dall’unico medico dell’umanità che ha pagato col suo sangue la nostra redenzione.   



Per approfondire:


https://gnosienoesi.blogspot.com/2020/01/per-uneconomia-dello-sviluppo-umano-integrale.html


https://gnosienoesi.blogspot.com/2020/10/migranti-tutti-fratelli-in-cristo.html


https://it.wikipedia.org/wiki/Humani_generis_unitas


Promemoria per gli amici scienziati: siccome siete “investigatori della natura”, non dimenticatevi di investigare e cercare di spiegare razionalmente il fenomeno naturale dei miracoli eucaristici, qui raccolti da Carlo Acutis:


http://www.miracolieucaristici.org/it/Liste/list.html


(giugno 2022)





Decalogo della nuova economia realista



1) Il cuore dell'uomo ha un tarlo originario: tende al bene ma non riesce a raggiungerlo da solo, anche perché spesso viene ingannato da chi sfrutta la sua debolezza.


2) Il cuore dell'uomo può essere educato, a cominciare dalla famiglia e dalla comunità, e curato da un grande medico, Dio fatto uomo.


3) Vicino, dove c'è un senso di comunità, fino allo stato nazionale, è possibile vera solidarietà e sussidiarietà.


4) Lontano sono possibili affari più grandi, ma anche più fragili.


5) È possibile stampare moneta fiat e generare criptovalute, ma anche con le più moderne stampanti 3D non è possibile stampare oro, grano e petrolio.


6) L'umanità costruisce da sempre le proprie civiltà ed economie intorno a limiti e barriere, da cui lancia con rischi calcolati ponti all'esterno per condividere e attrarre valore.


7) Da soli si va più veloce, a volte contro un muro, mentre con la fatica di stare insieme generalmente si va più lontano e si ottiene di più, perché le tattiche maggiormente efficaci sono quelle che affiancano la cooperazione alla competizione. 


8) Non è possibile un giusto e proficuo ordinamento della società senza riconoscere l'esistenza di una realtà trascendente, comune a tutti benché rappresentata con simboli e valori più o meno veri, che se vissuta con impegno e serietà può corrispondere ai bisogni più alti e profondi di ogni essere umano.  


9) Dai valori spirituali e trascendenti discendono valori immanenti, come la fiducia nel futuro e quella temperata dalla prudenza verso il prossimo, traducibili in un credito immateriale che può essere correttamente contabilizzato e utilizzato a livello sociale, ovvero applicato dal potere politico ma non da esso determinato secondo criteri solo mondani, per generare un sistema economico migliore di quello basato sul debito. 


10) L'uomo non è il fine ma è al centro dell'economia umana, il resto sono strumenti, che vanno custoditi e protetti, ma innanzitutto utilizzati col giusto coraggio e il necessario distacco, evitando specialmente di farne degli idoli, come il capitalismo dal denaro, lo statalismo dallo stato e l'ecologismo dalla cura del creato.


(19 giugno 2022)









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