Tornare alla Costituzione?




“Il capitalismo se non è arginato dallo Stato tenderà sempre a schiacciare la massa dei cittadini”. Questa secondo il giurista Luciano Barra Caracciolo è la consapevolezza (basata sull'esperienza diretta delle guerre mondiali) che ha spinto i padri costituenti a definire l'Italia una repubblica «fondata sul lavoro». Sul lavoro quindi in alternativa al capitale fine a sé stesso, perché «la sovranità appartiene al popolo» (Art. 1) e compito dello Stato è innanzitutto tutelare il popolo con dei “principi di regolazione del conflitto sociale”, ovvero rimuovere gli ostacoli alla piena partecipazione dei cittadini alla vita del Paese (Art. 3).

“Questi principi sostanziali”, sostiene Barra Caracciolo, sono incompatibili coi trattati” europei, che “hanno sostituito qualsiasi programma costituzionale nelle politiche di tutti i governi a partire da Maastricht”. Già da prima però la democrazia era stata in qualche modo svuotata dall'interno. Pur nel rispetto formale dei principi costituzionali, a partire dagli anni '80 “la sostanza della democrazia” è stata fatta “oggetto di una misteriosa censura”, per cui i cittadini non hanno avuto percezione “del contenuto sostanziale, divergente, dei trattati”, ma “neanche coloro che li hanno votati”. Stando alle norme europee, ad esempio, “sulla competizione interna non c'è mediazione”, “non è prevista la solidarietà” tra gli stati ma anzi una “forte competizione”. Uscire dall'euro comunque sarebbe possibile con una semplice lettera, in base all'articolo 139 del TFUE sugli Stati in deroga. “L'entrata nell'euro” infatti “viene configurata dal trattato come un beneficio” e “nessuno può obbligarmi a tenermi un beneficio”.

Mi sembra evidente però che, come emerge da tutto l'intervento fin qui citato, per riappropriarci di una moneta sovrana dobbiamo prima tornare allo spirito libertario e democratico della nostra Costituzione. Perché la sovranità appartiene al popolo nella misura in cui il popolo è consapevole del proprio potere e lo esercita assumendosene gli oneri e i rischi. I tecnicismi dell'economia e le regole internazionali d'altra parte non possono essere una scusa per deresponsabilizzare i politici e gli economisti, come sottolinea Alberto Bagnai nella conclusione, perché prima di tutto viene la politica che si basa sull'insopprimibile aspirazione degli individui alla libertà, alla sicurezza e al benessere.  





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