Tra rovine e macerie. Il mondo che verrà



Quasi tutto è crollato o sta crollando, ma non tutto è da buttare. Ciò che è passato non può più essere ricostruito (né l'Europa cristiana, né i grandi, tragici e fallimentari esperimenti politici del Novecento, come l'Unione Europea), ma senza nostalgia possiamo salvare la sostanza dei vecchi sogni e far fruttare i semi che uomini coraggiosi hanno fatto arrivare fino a noi attraverso le tempeste degli ultimi decenni.

Molte delle fondamenta si sono conservate, anche grazie al lavoro di semplici artigiani che lontano dalle telecamere continuano a riparare i muri della civiltà, e possiamo prendere spunto dai vecchi progetti perché una casa avrà sempre la forma di una casa, finché ad abitarla saranno degli uomini. Il compito storico della nostra generazione è osare una nuova progettualità, che finalmente metta al centro l'uomo nella sua duplice natura carnale e spirituale, l'uomo reale coi suoi limiti e i suoi bisogni, a cominciare da quello di relazione.

Si tratta di un compito titanico e nello stesso tempo umile, perché è oggettivamente poco ciò che oggi singolarmente possiamo fare, a causa della generale restrizione dei diritti individuali e delle possibilità di espressione, anche in conseguenza della crisi economica. Tuttavia, proprio nell'umiltà sta la nostra forza e la nostra possibilità. Riusciremo a costruire un mondo nuovo solo se riscopriremo che la democrazia consiste non nell'affermazione delle individualità, attraverso i distinguo e le prese di distanza, come ci hanno insegnato, ma al contrario nell'abnegazione dei singoli che rinunciando ad esprimere pienamente la propria individualità e a soddisfare immediatamente i propri bisogni si mettono insieme e 'fanno politica' per ottenere un vantaggio comune.

Le élite sono molto preoccupate perché iniziano a capire che stanno perdendo la presa sulla gente, ma anche tra i giovani non tutti hanno capito che è finita l'epoca dei professorini e dei maestri di pensiero. Giornalisti di regime, scrittori alla moda e pensatori prezzolati continueranno a lavorare, ma saranno sempre meno influenti. La battaglia contro le “fake news” è un'arma politica delle élite che tornerà indietro come un boomerang, perché la gente sta imparando davvero a fare “fact checking” prima di condividere una notizia e a porsi domande scomode tipo: “Cui prodest? A chi giova?”. Da qui a definire i propri interessi, a lottare per essi e a difenderli ne passa, ma ci arriveremo, ci stiamo arrivando. Il mondo che verrà è già là fuori, ma sta a noi, a ciascuno di noi, costruirlo un pezzetto alla volta. 





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