L'umiltà e la Misericordia
I "pastorelli" di Fatima Giacinta e Francesco, oggi santi, con la cugina Lucia (foto dalla rete, attribuita a Joshua Benoliel) |
Abbiamo
imparato a scindere l'atomo ma non a spezzare il nostro cuore di
pietra.
Solo
l'umiltà permette di trasformare il mercurio in oro.
(da Twitter)
(da Twitter)
di don Divo Barsotti
Il cristianesimo è religione di
redenzione: non vi è rapporto dell'uomo con Dio che non abbia il suo
fondamento sulla misericordia infinita di Dio. Ma la misericordia
infinita di Dio suppone due abissi: l'abisso del nulla creaturale
(siamo nulla perché dal nulla egli ci ha fatti) e l'abisso del
nostro peccato.
Se dunque fondamento della vita
soprannaturale di tutto il cristianesimo è la misericordia infinita,
questa misericordia suppone il riconoscimento del nulla originario
dell'uomo e del peccato che lo condanna.
Tanto più noi possiamo essere assunti
dalla potenza della grazia fino alla luce divina, quanto più
discendiamo nel fondo della miseria propria dell'uomo: il suo nulla
originario e il suo peccato.
Santo è colui che si sente più
peccatore. Non abbiamo bisogno di fare peccati per sentirci tali; ma
è certo che la misura della grazia, proprio perché è una grazia di
redenzione, è proporzionata al sentimento che abbiamo del nostro
nulla e del nostro peccato.
In paradiso non potranno mai entrarvi
coloro che si credono santi, perché non ha nessun rapporto colui che
si senta santo con Uno che è il Salvatore.
La nostra salvezza riposa soltanto sul
dono della sua grazia, sul dono di una redenzione del tutto gratuita
che non cessa tuttavia di essere immensa.
Ecco perché tutti i maestri della
spiritualità cristiana ci hanno detto – dai primi secoli cristiani
fino ad oggi – che non vi è altro fondamento alla vita cristiana
sul piano delle virtù umane, dell'umiltà.
(…)
La prima cosa che dobbiamo cercare di
vivere è precisamente il senso del peccato che è proprio di
ciascuno di noi.
(…)
Certo, non dobbiamo avere nemmeno
quell'orrore di noi stessi che ci impedisca di avere fiducia nella
misericordia infinita di Dio, ma dobbiamo tuttavia capire che tanto
più questa misericordia scenderà in noi e ci colmerà di sé tanto
più profondo sarà in noi, con il sentimento della fiducia, il
sentimento del nostro peccato.
(…)
La “preghiera di Gesù” dei monaci
orientali è la preghiera che anche noi cantiamo iniziando la Messa,
quasi a dire che all'inizio di qualsiasi atto veramente cristiano,
s'impone per l'anima l'implorazione della divina pietà: «Kyrie,
eleison! Signore, abbi pietà!».
Ma
lo diciamo davvero con il cuore? Ci sentiamo davvero dei mendicanti
che hanno bisogno di questa elemosina (eleison: ha la stessa radice
di elemosina); ci sentiamo dei mendicanti che implorano un soccorso e
non hanno nessun merito per poterlo ottenere perché è soltanto alla
misericordia divina che possiamo rivolgerci?
Divo
Barsotti, Dio è misericordia, Edizioni O.R., Milano 1985, pp. 7-11
Commenti
Posta un commento