La fine e il fine
(Immagine dalla rete) |
Oggi, domenica 26 novembre, la Chiesa celebra la solennità di Cristo Re dell'universo, a conclusione dell'anno liturgico. Questa festa è stata introdotta da Pio XI nel 1925, con un intento politico e a mio avviso in modo profetico, perché la sua concezione di Stato cristiano, proposta in alternativa ai regimi allora dominanti di tipo comunista, liberale e fascista, non riguarda solo esperimenti da lui ispirati in quegli anni come quello di Dollfuss in Austria o di Salazar in Portogallo, ma può essere il modello su cui costruire lo Stato del futuro, capace di rispondere alle sfide del radicalismo religioso come di quello ateo, secondo le indicazioni del papa emerito Benedetto XVI.
Resta da intendere però che cos'è la “regalità sociale di Cristo” che si festeggia oggi, una regalità che come ha detto Gesù «non è di questo mondo», ovvero non può essere assimilata ad uno specifico regime politico, come l'impero romano di Costantino, la società cristiana medievale dominata dalla Chiesa o l'Ecuador cattolico di García Moreno. Anzi, Gesù nel Vangelo ha parlato chiaramente del «principe di questo mondo», da lui sconfitto ma che continua a tentare gli uomini con l'illusione del potere e della ricchezza. Dunque qualunque istituzione umana sarà soggetta alla corruzione e potrà sopravvivere solo se, come la Chiesa, avrà sempre ben chiara la necessità di riformarsi, ovvero di ritornare al suo modello, al Maestro.
Che cos'è quindi il “regno” di cui noi cristiani chiediamo la venuta nel Padre Nostro? Ebbene, Gesù non era un leader politico come si aspettava il traditore Giuda, non era venuto a innalzare gli oppressi ma a trasformare i cuori. Il “regno di Dio” non è altro che il dominio di Dio sul nostro cuore, che solo noi, nella nostra drammatica libertà possiamo concedere. Ogni giorno infatti dentro ognuno di noi si ripropone la più grande guerra della storia, quella tra l'amore per il nostro io e l'amore per Dio. In ogni caso ne usciamo servi: o delle nostre passioni che ci lasciano tristi e infelici o del Re dell'universo che ci dà pace e gioia anche fra le tribolazioni.
Ciò suggerisce dunque un ritorno all'intransigenza cattolica dell'Ottocento e alle sole pratiche di pietà? Niente affatto. Il dominio di Cristo sui cuori si può e si deve estendere alle famiglie, ai comuni, ai corpi intermedi della società, fino allo Stato nazionale, con enorme beneficio per tutti. Questa mattina leggevo su Twitter uno scontro di opinioni tra il responsabile economico della Lega Borghi e il suo corrispettivo di Forza Italia Brunetta, su temi di fondamentale importanza economica come la definizione del debito pubblico e delle strategie per lo sviluppo. Se avete letto il mio dizionario realista saprete chi dei due per me ha torto, ma al di là della questione specifica è chiaro che se due partiti della stessa area che potrebbero coalizzarsi e vincere le prossime elezioni non si intendono nemmeno sulle basi, la soluzione ai problemi del nostro paese non può venire solo dalla politica.
In generale negli ultimi tempi c'è un'enorme confusione a tutti i livelli. Questo conflitto è evidente in numerose famiglie ma anche in tante relazioni che molto probabilmente una famiglia non diventeranno mai, a causa dello scontro di opinioni e visioni del mondo quasi inconciliabili, che a ben guardare spesso è riconducibile alla grande guerra di cui ho parlato prima. C'è chi sostiene d'altronde che ogni relazione duratura sia impossibile, a meno di un miracolo. Questo miracolo, che vediamo pure compiersi in tante coppie e famiglie, è dato proprio dalla regalità di Cristo, dal suo dominio sui cuori. Quando in una famiglia al centro c'è Gesù, c'è anche l'armonia e il miracolo dell'unione. Mettere al centro Cristo significa anche mettere al centro la dignità umana, poiché lui si è fatto uomo ed è morto per noi. Oggi sembra che il riferimento dell'azione politica come di quella ecclesiale sia la libertà, un concetto importantissimo ma ambiguo, che si presta a tante strumentalizzazioni e a fare il gioco del liberalismo selvaggio già condannato da Pio XI. Se invece al centro di tutto tornasse la dignità umana sancita dalla regalità e dal sangue di Cristo, sarebbe più facile inquadrare anche concetti economici come il debito pubblico o il modo migliore per far ripartire un paese. Su questo valore ben compreso si compatterebbe non solo la “destra” ma anche ciò che resta della nostra comune umanità.
Il riconoscimento della regalità di Cristo quindi non è solo la fine dell'anno liturgico ma anche il fine della Chiesa e in particolare della sua profetica dottrina sociale espressa da Leone XIII e Pio XI. Dovrebbe essere il fine di ogni uomo di buona volontà ed evidentemente era il fine della riflessione portata avanti sul blog nel corso di quest'anno straordinario, centenario delle apparizioni di Fatima e cinquecentenario della riforma protestante. L'ex monaco Lutero molto probabilmente è morto suicida dopo una delle sue solite sbornie, Lucia di Fatima da quel che sappiamo è morta quasi centenaria nel silenzio di un convento, nella preghiera e nella gioia. A volte anche la nostra fine riflette il fine della nostra vita: la miseria dell'io o la maestà di Dio.
Grazie per quanto hai detto. Riflessioni molto profonde e centrali.La regalità di Gesù ci riporta alla sua predicazione:"il Regno dei cieli è vicino,convertitevi e credete alla buona notizia".Gesù lo ha annunziato ed attuato nella sua vita.Invita anche noi ad entrare in esso,a farvi parte,ad esserne degni di ereditarlo.
RispondiEliminaGesù ci invita a cercare il suo regno sopra ogni altra realtà:"cercate prima il regno dei cieli e tutto il resto vi sarà data in aggiunta".Cercare il Regno dei cieli è mettere Gesù al centro della nostra vita."Io sino la via ,la Verità e la Vita"Come dici tu stare con Gesù significa ereditare la Vita vera.Procediamo uniti su questa strada della dede cristiana.a presto
EliminaCome ho sintetizzato su Twitter, tutto ciò che stiamo cercando, in termini di risposte politiche alla crisi economica che dura ormai da un decennio, era già nella dottrina sociale di Pio XI: lo Stato nazionale contro gli eccessi del capitale internazionale, i “corpi intermedi” della società contro gli eccessi dello Stato, alla base di tutto il valore sacro e universale della dignità umana. Dal pontificato di Giovanni XXIII però è entrato anche nella dottrina sociale delle Chiesa il “sogno gnostico” di cui ho scritto ampiamente sul blog, manifestatosi sia nella parziale adesione ai valori della “società aperta” sia nell'aspirazione a un governo mondiale orientato ai principi della sussidiarietà e della solidarietà e capace di risolvere le distorsioni dell'economia come della società. Ovviamente la Chiesa ha il diritto e il dovere di ispirare con la sua dottrina sociale uomini generosi, ma c'è differenza tra gettare il cuore oltre la realtà contingente e vagheggiare un impossibile “commercio internazionale giusto e bilanciato” o “una vera Autorità politica mondiale... ordinata alla realizzazione del bene comune”. Come abbiamo visto nemmeno nell'Unione Europea, tra nazioni molto simili, esiste un mercato simmetrico o spazio per la solidarietà, peraltro negata dai trattati. Solo in uno Stato nazionale come l'Italia è possibile ad esempio il trasferimento di ricchezza dal nord al sud, perché esiste una reale unità superiore agli interessi locali. Di fatto, proprio la crisi del 2008 ha spinto Benedetto XVI a rivalutare il ruolo dello Stato nazionale, e nei paragrafi 24 e 25 di Caritas in Veritate arriva alle mie stesse conclusioni, riprendendo senza citarla la dottrina di Pio XI. La questione infine è stata in qualche modo chiusa da Papa Francesco in Evangelii Gaudium, citando Paolo VI: “Di fronte a situazioni tanto diverse, ci è difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. Del resto non è questa la nostra ambizione e neppure la nostra missione. Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese”. D'altronde, l'alternativa a uno Stato nazionale, realmente sussidiario e solidale, sono individui che in nome di una pretesa libertà slegata dalla verità esistenziale perseguono unicamente i desideri del momento. C'è chi da anni prepara le condizioni materiali, culturali e anche la teologia per questa fase terminale del liberalismo. Non sappiamo come continuerà la grande guerra della nostra epoca tra “innamorati dell'io” e “innamorati di Dio”, ma il Signore dell'Universo ci ha garantito che le porte degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa e alla fine resterà solo il suo Regno.
RispondiEliminaSegnalo una riflessione aggiuntiva sulla festa di Cristo Re e il suo significativo spostamento:
RispondiEliminahttps://www.marcotosatti.com/2020/08/14/vigano-cristo-non-e-piu-re-neanche-nella-chiesa-meditazione/