L'uomo centrato, in movimento



L'uomo “centrato” dovrebbe essere come un albero: con le radici ben piantate nel terreno e le fronde che si innalzano verso il cielo.

Le radici dell'uomo centrato puntano verso la sua interiorità, lo tengono ancorato alla terra su cui poggia e gli indicano la sua mutevole miseria, spingendolo all'umiltà. Le fronde al contrario gli ricordano il suo legame col mondo incorruttibile dello spirito, col mistero insondabile della divinità e con tutte le cose che sfuggono alla sua comprensione. Il tronco è simbolo dell'unità della sua natura materiale e spirituale.

Tuttavia l'uomo è ben più di un albero, perché può muoversi nello spazio e nel tempo. Un uomo centrato, al contrario di un albero, non è in costante equilibro, bensì, come nell'atto del camminare, viene ripetutamente sbilanciato da due forze che equilibrandosi lo spingono in avanti. Si tratta del senso della realtà, che gravita verso terra, e della speranza, che punta verso il cielo.




Immersi nella frenesia del mondo, è molto difficile mantenere la centratura che possiamo trovare in un monastero o camminando in un bosco. In effetti, è umanamente impossibile conservare la percezione dell'umiltà e il senso del mistero, da cui promanano le due forze fondamentali appena descritte, la cui risultante identifica l'uomo centrato. Ciò che è impossibile all'uomo, però, è possibile a Dio, ed è anzi caratteristico del Dio fatto uomo, Via Verità e Vita. Nella misura in cui siamo uniti a Lui, possiamo sperare di essere visitati e trasformati dalla sua grazia, di partecipare per così dire alla sua stessa vita, come i tralci alla vite. E portare frutto, nei modi e nei tempi da lui stabiliti.




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