Libero – Un racconto per la vita

Il piccolo Jean Renoir ritratto dal padre Pierre-Auguste


In questa data particolare, in cui si ricorda la presentazione di Gesù al tempio e si celebra la quarantaduesima Giornata nazionale per la Vita, ripropongo un mio racconto del 2007 ispirato dal motto dei CAV: “Le difficoltà della vita non si risolvono eliminando la vita, ma superando le difficoltà”. Lo trovo ancora un principio illuminante, applicabile a tanti altri ambiti. Ad esempio: “la corruzione nello stato nazionale non si risolve eliminando lo stato, ma combattendo la corruzione”; “i pericoli della conflittualità sociale non si cancellano anestetizzando il conflitto, ma contrastando i fattori che lo esasperano”; e così via...



Libero

  
1         

            Quando la cognata portò il piatto dei formaggi, Maria si alzò e disse che andava in bagno. Come ogni anno, per il suo compleanno, la sorella di suo marito l’aveva invitata a cena, e come al solito, a metà serata, Maria aveva sentito il bisogno di allontanarsi un attimo.
            Dopo essersi rinfrescata il volto, scostò una tendina e guardò a lungo fuori dalla finestra, nella notte, cercando i segni della vita che ancora continuava. Poi, per giustificare la sua assenza tirò l’acqua, fece un profondo respiro e si preparò a tornare in sala da pranzo. Uscendo dal bagno, però, si accorse che da sotto la porta della camera di Debora filtrava la luce. Sua madre aveva detto che aveva già cenato ed era andata a letto perché aveva un po’ di febbre, per cui Maria bussò delicatamente e chiese: « Come stai Debora? ». Dall’interno le rispose la voce della nipote: « Entra pure, zia ».
            Debora era a letto, con un libro in mano.
            - Stai studiando? Tua mamma mi ha detto che non stavi bene...
            - Sì..., non me la sentivo di cenare con voi...
            - Hai un esame importante?
            - No, sto cercando di studiare storia, perché domani la prof. interroga.
            - Eh, ci sono passata anch’io... Ma ormai sono gli ultimi sforzi. Su, che tra pochi mesi a queste cose non ci penserai più!...
            - Già... -, rispose Debora, ma senza volerlo il suo volto assunse un’espressione di profonda tristezza. Maria restò pensierosa per qualche istante, poi le chiese: « C’è qualche problema? Magari con Luca... ». Debora la guardò negli occhi, percependo il suo sincero interessamento, la sua bontà senza malizia, e improvvisamente decise di dirle la verità: « Sono incinta... ».
            Maria fu sconvolta da quella rivelazione, e sottovoce le chiese: « Ma sei sicura? ».
            - Sì, ho fatto il test -, rispose Debora.
            - Ma quando è successo?
            - L’ultimo dell’anno, nella sua baita... È stato un incidente. Pensa che era la prima volta...
            - Luca lo sa?
            - Sì.
            - E cosa ha detto?
            - Non se l’aspettava... Lo sai che vuole aprire un bar... Mi ha chiesto cosa volevo fare io...
            - Tu cosa pensi di fare?
            - Non lo so!...
            - Ai tuoi genitori lo hai detto?
            - Sì, ma mi hanno risposto che se ero abbastanza grande per fare sesso, lo sono anche per prendere le mie decisioni... Speravo che almeno la mamma... ma mi ha saputo solo dire che ora non potrò più fare l’università!... O zia, sono disperata!...
            Maria era commossa. Avrebbe voluto abbracciare la nipote, ma era trattenuta dal suo contegno doloroso, dalla compostezza della sua sofferenza.
            - Non so cosa dirti... So solo che avere un bambino è una bella cosa... Magari anch’io potessi!... Senti: conta pure su di me! Qualunque cosa accada voglio starti vicino, va bene?
            - Sì -, disse Debora, abbozzando un sorriso.
            - Però credo che dovresti parlare anche con qualcun’altro, che sia esperto di queste cose... Se vuoi, posso prenderti un appuntamento con una mia amica, che fa la volontaria in un centro di aiuto alla vita. Cosa ne dici?
            - Posso provare...
            - Brava! E cerca di convincere Luca a venire con te...
            - Ci proverò...


2

            - Ciao, tu devi essere Debora!...
            - Sì, piacere!
            - Piacere, io sono Marta.
            - Luca, buongiorno...
            - Ciao Luca! Accomodatevi...
            Appena entrata nel piccolo studio, Debora era stata colpita dall’amica della zia, una bella ragazza che aveva al massimo dieci anni più di lei, poi era stata attratta da un poster sul muro, con la foto di un bambino di pochi mesi e sotto la scritta: “Le difficoltà della vita non si risolvono eliminando la vita, ma superando le difficoltà”.
            - Volete una caramella?
Luca rifiutò, poi guardò fuori dalla finestra. Non voleva venire, ma poiché Debora aveva insistito, dicendo che l’aveva promesso alla zia, e che sarebbe andata anche da sola, alla fine le aveva risposto che l’accompagnava solo per evitare che la plagiassero.
            - Dunque, innanzitutto vorrei conoscervi un po’. Per cui, se siete d’accordo, vi farò qualche domanda. Okay?
- Va bene -, rispose Debora.
- Quanti anni avete?
            - Diciotto -, rispose Luca.
            - Studiate entrambi?
            - Sì, io studio da geometra, e lei frequenta il liceo scientifico.
            - Come va la scuola?
            - Bene -, risposero entrambi.
            - Sembrate una bella coppia! Da quanto state insieme?
            - Da più di un anno -, rispose Debora.
            - E posso chiedervi come vanno le cose tra di voi?
            - Vanno bene -, rispose sicuro Luca.
            - Siete innamorati? -, insistette Marta.
            Luca e Debora si guardarono imbarazzati, poi entrambi annuirono. Debora abbassò lo sguardo, ma Luca volle sostenere quello di Marta, che li guardava sorridendo in un modo che gli parve ipocrita.
            - Allora Debora, tua zia mi ha detto che aspetti un bambino. Quante settimane ha?
            - Cinque.
            - Hai già fatto una visita in ospedale?
            - No.
            - Ma hai avuto problemi?
            - No...
            - Bene... Allora, che intenzioni avete?
            Debora e Luca si guardarono negli occhi, e questa volta fu lui ad abbassarli, mentre Debora rispose come avevano concordato: « Veramente sono indecisa, ma so che ho ancora molto tempo per decidere... ».
            - Ma qual è la tua intenzione? -, la incalzò Marta, - Insomma, nel tuo cuore avrai già un’idea, un sentimento...
            - Non è così facile...  -, replicò Debora, - Stiamo per fare gli esami di maturità, e poi i miei genitori... Insomma, non è facile!...
            - Mi sembra di capire che non senti attorno l’attenzione che vorresti... Comunque, mi rendo conto che non è facile affrontare questa gravidanza, anche per i tuoi genitori... Ma non ho ancora sentito il tuo parere, Luca...
            - Io la lascio libera... Penso che debba scegliere lei... -, disse Luca con decisione, ma poi distolse lo sguardo.
            - Il bambino è anche figlio tuo, e credo che anche Debora vorrebbe sapere che intenzioni hai...
            Luca non rispose, restando a testa bassa.
            - Sentite, ho l’impressione che stiate prendendo la cosa con troppa superficialità. È comprensibile che non abbiate ancora le idee chiare, ma non dovete dimenticare che c’è in gioco la vita di un’altra persona! L’embrione che sta crescendo dentro di te, Debora, vuole vivere, non è un oggetto di cui si possa decidere di disfarsi all’ottantanovesimo giorno! Capisci?... La vita va accettata...
            - Senta -, la interruppe Luca, - non mi piace questo discorso! Fino a prova contraria lei è libera di fare ciò che vuole!
            Marta sorrise, poi disse: « Uno è libero solo se ha scelta!... È libero chi conosce almeno due alternative e può scegliere tra di esse. Una donna che si sente emarginata perché incinta, e vede intorno a sé solo problemi e ostilità, non è molto libera! Ciò che facciamo qui è mostrare a queste donne che non sono sole, che con un po’ d’aiuto il periodo della gravidanza e dello svezzamento può essere vissuto con serenità e con gioia, e ricordare che la vita è preziosa dal primo all’ultimo istante. Noi mostriamo e cerchiamo di fornire le alternative, poi decidono loro... Tu Debora sei fortunata, perché comunque hai una famiglia e un compagno accanto che ti vuole bene!... Ciò che possiamo fare per te è innanzitutto aiutarti a chiarirti con Luca, che mi sembra spaventato ma anche un bravo ragazzo. Inoltre, puoi avere il sostegno di uno psicologo, o di un mediatore che parli coi tuoi genitori, ma se avessi problemi economici possiamo aiutarti fino al primo anno del bambino... ».


3

            Luca si svegliò di soprassalto. Forse aveva avuto un incubo. La sera prima si era addormentato pensando al bar che voleva rilevare, alle estati che aveva passato come barista nei locali, e chiedendosi se davvero amava Debora...
            “Che fregatura! Tutto per una scopata!...”, pensò. Improvvisamente, sentendosi soffocare si alzò dal letto, aprì la portafinestra e spalancò le persiane. Respirando l’aria fredda dell’inverno provò un po’ di sollievo, poi richiuse la portafinestra e appoggiò la testa al vetro.
            “Io non lo voglio quel bambino... È stato un incidente, siamo stati sfortunati... Non è colpa mia se è rimasta incinta! E poi cosa dovrei fare?... No, è assurdo!...”.
            Quando alzò gli occhi, osservò le stelle che brillavano di una luce fredda, lontanissime, separate da enormi e gelide distanze...
            “Ognuno è solo a questo mondo... Tutto ciò che possiamo fare è cercare di cavarcela... Io ho il dovere di pensare al mio futuro!... Ho lavorato duro per mettere da parte un po’ di soldi, e i miei mi possono aiutare ad avviare il bar, non ad allevare un bambino... E poi, è meglio così anche per lei. Se mi faccio una posizione, magari in futuro...”.
            Fuori era tutto buio. Si vedevano soltanto le luci dei lampioni. Ogni tanto passava un’automobile. Luca immaginava suoi coetanei che tornavano da qualche festa, e pensava che poteva essere lui a guidare, poteva ancora essere con loro.
            “E dovrei rinunciare a tutto per far contenta quella stronza del centro?!... Ma chi si crede di essere? Come si permette di farmi la predica, solo perché si interessa dei figli degli altri!... Cosa ne sa lei?! Cosa ne sa dei miei sogni, di quanto ho sofferto...”.
            “Mi dispiace solo per Debora... Poverina, nemmeno lei ha colpa... Mi ha voluto bene, è stata con me... Certo, non è molto libera. I suoi non l’aiutano, e anche se quelli del centro li convincono, non è dei soldi che Debora ha bisogno. Se decidesse di tenere il bambino... avrebbe bisogno... di me...”.
            Sentendosi accaldato, Luca decise di scendere in cucina a bere un po’ d’acqua. Senza accendere le luci e cercando di non fare rumore, per non svegliare i genitori, ignari di tutto, scese le scale ed accese la luce della cucina. Aprì il rubinetto, lasciò scorrere l’acqua e si riempì un bicchiere. La sentì scendere dentro di sé, fresca, salutare, poi spense la luce e tornò in camera sua.
            “Debora vuole fare l’università. Vuole studiare Economia... Da sola non può farcela... Non ha scelta... non ha scelta...”.
            “Io sono l’unico libero di scegliere... Debora non è libera, e quel coso non lo è del tutto... Mio figlio...”. Luca fece un profondo respiro. “E se gli donassi la vita?... Io... padre...”...
            « Mah!... », sospirò, scuotendo la testa. Ad est, si vedeva già la luce del nuovo giorno.




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