Whatever (it takes)

La coltellata alla schiena


Ieri pomeriggio, la signora Lagarde ha dichiarato che non è compito della BCE livellare gli spread, facendo schizzare a 260 punti base quello tra Btp e Bund e affossando la borsa italiana (che ha chiuso a -16%, bruciando 84 miliardi), già duramente colpita dalla crisi del petrolio e soprattutto del coronavirus, che sembra essersi diffuso in modo particolare nel nostro paese. Il suo implicito e pilatesco “whatever” (espressione usata in inglese per manifestare indifferenza o cambiare discorso) appare una plateale sconfessione e un ribaltamento del “whatever it takes” del predecessore Draghi, una semplice dichiarazione d'intenti con cui nel 2012 l'allora presidente della BCE era riuscito a calmare i mercati nel corso di un'analoga crisi (facendo capire che la banca centrale avrebbe fatto tutto quanto necessario per salvare l'eurozona, ovvero che i debiti dei singoli stati erano garantiti). Tuttavia, la Lagarde non ha fatto altro che ribadire quanto dichiarato nel suo recente discorso d'insediamento e sostenuto dallo stesso Draghi a fine mandato, cioè che la BCE non ha praticamente più armi ordinarie, avendo ridotto i tassi a zero e sottozero, mentre l'uso delle armi non convenzionali come i finanziamenti a lungo termine alle banche (garantiti da titoli di stato) o il Quantitative Easing (l'acquisto diretto sui mercati secondari di titoli di stato e altre obbligazioni), che ha comunque dimostrato una ridotta efficacia, deve essere limitato nel rispetto del mandato della banca. Il principio di fondo, oggettivo e incontestabile, è che possiamo portare tutta l'acqua del mondo davanti a un cavallo ma non convincerlo a bere. Fuor di metafora, garantire liquidità alle banche non comporta affatto che essa si trasferisca alle imprese e alle famiglie. Per fare questo, vale a dire per attivare una vera ripresa, servirebbero politiche fiscali espansive, ovvero un impegno diretto dei singoli stati a sostenere l'economia, a cominciare ovviamente dagli stati più forti e con surplus commerciale.


 Gli altri strumenti e attori a cui si riferiva la Lagarde


L'appello, ben poco velato, era ed è rivolto innanzitutto alla Germania, perché da locomotrice d'Europa promuova tramite investimenti con spesa anche a deficit o tagli mirati delle tasse una forte espansione della domanda interna, condividendo queste iniziative con gli altri paesi europei. Come ho “profetizzato” qualche giorno fa, però, ciò probabilmente non accadrà mai, se non in minima parte, perché chi prende le decisioni per i tedeschi dovrebbe sconfessare la tradizionale politica mercantilistica del paese, basata sull'incremento delle esportazioni, sfruttando le politiche espansive (“keynesiane”) degli altri paesi, e la contrazione o comunque il controllo della domanda interna, tenendo bassi gli stipendi e la spesa pubblica (col risultato che in Germania ci sono dodici milioni di poveri). Ad ogni modo, se anche si promuovesse una politica espansiva di questo tipo, coordinata tra i vari paesi, come è avvenuto per qualche tempo dopo la crisi del 2008, l'indebitamento pubblico che ne conseguirebbe dovrebbe essere sostenuto da una banca centrale europea coprotagonista della ripresa, non solo passiva esecutrice delle rigide regole dei trattati europei. Senza una BCE che garantisca i debiti pubblici e quindi contenga gli spread, anche acquistando i titoli dei vari paesi direttamente o indirettamente tramite le banche private, nessuna seria politica fiscale espansiva a livello europeo è possibile.


Una vignetta virale sui social media in queste ore


Sempre ieri, ma in tarda serata, è atterrato a Fiumicino un aereo proveniente dalla Cina, carico di supporti medicali tra cui decine di respiratori e migliaia di mascherine. Come sappiamo invece i paesi europei a noi vicini stanno blindando le frontiere con l'Italia, con jersey di cemento come al confine con la Slovenia o impedendoci l'acquisto di mascherine indispensabili ai nostri medici in prima linea. Come interpretare dunque l'iniziativa della Cina? Forse come un atto di pura generosità, o un gesto motivato da sensi di colpa, o da subdole mire geopolitiche legate al progetto momentaneamente interrotto della Via della Seta? Niente di tutto questo. Semplicemente quando la Cina era ancora nel pieno della sua crisi, benché sostanzialmente isolata nella provincia di Hubei, pochissimi paesi erano corsi in suo aiuto, i più limitandosi a chiudere le frontiere ai suoi prodotti e ai suoi cittadini, magari gioendo segretamente dell'improvviso vantaggio competitivo. L'Italia aveva però dato una mano, sia in via ufficiale, inviando il 15 febbraio due tonnellate di materiale sanitario e mascherine, sia tramite le iniziative di alcuni imprenditori privati del settore biomedicale.  In entrambi i casi certamente hanno contato molto gli accordi e le relazioni commerciali pre-esistenti, come il memorandum sulla nuova Via della Seta firmato per iniziativa del partito del ministro degli esteri Di Maio. Ecco quindi svelato il funzionamento delle relazioni internazionali, un campo dove in linea di principio non esiste misericordia né sussidiarietà, poiché la solidarietà si ferma al livello degli stati nazionali, nonostante le tante speranze nella globalizzazione dei decenni scorsi. In questo ambito ciascuno pensa innanzitutto a sé o a sfruttare le debolezze altrui e vige ancora la legge del taglione: tu danneggi me, io danneggio te; tu aiuti me, io aiuto te. In queste ore, in cui minorati politici, traditori interni o semplici vittime di schemi mentali omicidi e suicidi, invocano l'adesione a regole distruttive come la riforma del MES per tranquillizzare i mercati e attirarci l'impossibile benevolenza dei partner europei o gli aiuti della BCE, mi chiedo se la maggioranza di noi aprirà finalmente gli occhi, come sembra, sulla reale natura delle relazioni tra gli stati. Ovvero, quando avremo superato anche questa bufera e ci saremo rialzati, ci ricorderemo come ha fatto la Cina di chi ci ha aiutato, di chi si è girato dall'altra parte e di chi ci ha colpito alle spalle, magari comprandosi a buon mercato in seguito al crollo della borsa altri pezzi delle nostre aziende strategiche? Impareremo a tutelarci meglio in futuro, a costruire nuove alleanze, a muoverci sullo scacchiere internazionale con più intelligenza, orgoglio e coraggio?



AGGIORNAMENTO del 14/3: senza chiedere il permesso alla Commissione Europea o aspettare l'appoggio della BCE, nel pomeriggio di ieri la Germania ha stanziato almeno 550 miliardi a sostegno delle sue imprese in difficoltà per il coronavirus, aprendo in realtà un "fondo illimitato". La presidente della Commissione Von Der Leyen ha garantito "massima flessibilità" sulle regole relative al Patto di Stabilità e agli aiuti di Stato, con particolare riferimento all'Italia, bilanciando così almeno in parte l'uscita della Lagarde, ma nemmeno la Francia ha aspettato queste dichiarazioni per garantire alle sue imprese la sospensione delle tasse dovute per il mese di marzo. 


AGGIORNAMENTO del 20/3: ieri la BCE ha annunciato un piano di acquisto di titoli pubblici e privati per 750 miliardi, mentre oggi la Commissione Europea ha attivato la clausola che sospende il Patto di Stabilità. Con l'aggravarsi della crisi del coronavirus, aumentano anche le risposte istituzionali. In questo caso la BCE ha svelato il "bluff" del suo presidente (e indirettamente del MES), ovvero benché controvoglia la banca centrale non può esimersi dall'intervenire come prestatore di ultima istanza per salvare l'eurozona. Si tratta comunque di un'immissione di liquidità necessaria a contrastare uno shock senza precedenti che colpisce un sistema già in crisi. Basteranno queste misure unite agli aiuti di stato (molto diversi tra loro) alle imprese in difficoltà per innescare una vera ripresa al termine dell'emergenza sanitaria? Con l'aggravarsi della recessione i paradigmi economici sembrano destinati a cambiare, tanto che la mia previsione sulla Germania e robuste politiche espansive coordinate potrebbe non avverarsi (lo spero), ma probabilmente per uscirne davvero sarà necessario pensare e realizzare insieme un tipo di economia radicalmente diverso






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