et Gnosi et Noesi

 

Gregorio I "il grande" secondo Matthias Stom. Immagine dalla rete

«“Eresia” viene da un termine greco che significa “scelta”: aut istud aut illud. O questo o quello. Da qui l'origine di ogni deformazione cristiana. […] Certo, speculare al fanatismo esclusivista dell'aut-aut del calvinista o del giansenista, può esserci la duttilità spinta al lassismo del gesuita dell'et-et

(Vittorio Messori con Andrea Tornielli, Perché Credo, Piemme 2008)


A beneficio di qualche lettore occasionale o distratto, vorrei precisare che “gnosi” e “noesi” si contrappongono, nella teoria politica di Eric Voegelin a cui mi sono ispirato, in quanto modelli filosofici e di organizzazione sociale chiusi (“gnosi”) o aperti (“noesi”) alla trascendenza, mentre come oggetti di questo blog i due termini non sono in opposizione bensì giustapposti, coerentemente con la tradizione cristiana e cattolica che preferisce mettere insieme (fede e ragione, filosofia e teologia, umano e divino...) in una prospettiva universale piuttosto che dividere (sapendo bene però che non si può unire tutto, ad esempio i figli della luce con quelli delle tenebre solo perché condividono lo stesso pianeta).

I cristiani infatti, pur avendo come patria e orizzonte il cielo, essendo uomini non dovrebbero ritenere estraneo da sé nulla di ciò che è umano, secondo la famosa citazione latina di Terenzio. D'altronde, è ciò che ha fatto Dio stesso, assumendo la nostra carne e divenendo in tutto simile a noi fuorché nel peccato. I cattolici poi, per prestar fede al loro nome, dovrebbero tendere ancora di più ad essere “universali”, come ha sintetizzato in modo efficace Jean Guitton: “sono cattolico perché voglio tutto”. Ecco quindi perché anche nei semplici e un po' sgangherati articoli di questo blog si spazia con cognizione di causa dalla comunicazione politica alla mistica, dalla dottrina sociale al machine learning.

Esiste però un altro motivo per cui i cristiani oltre che di scienza sacra dovrebbero occuparsi, in misura minore, delle cose del mondo, ed è spiegato da Gesù nel Vangelo di Matteo al capitolo decimo. Inviando i discepoli “come pecore in mezzo ai lupi”, il Signore raccomanda loro di essere “prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”, ovvero sia puri di cuore e genuini nel loro modo di fare sia accorti e consapevoli delle insidie che li circondano, incarnate da uomini che non conoscono la loro fede e pur presentandosi come fratelli potrebbero comportarsi da oppositori. In conclusione, lascio la parola al monaco e papa Gregorio (poi detto Magno), che nel VI secolo dopo Cristo, commentando la visione del profeta Ezechiele raccontata nella Bibbia (Ez 1, 4-28), esprime molto bene l'importanza di osservare tutto con attenzione, avendo sempre presente sopra a ogni cosa lo sguardo di Dio:


I corpi dei quattro esseri viventi, che simboleggiano gli uomini perfetti, sono completamente ricoperti di occhi perché, nel loro agire, i santi hanno occhi dappertutto, scrutando il bene da fare e guardandosi diligentemente dal male. E affinché il male non si nasconda ai loro occhi sotto l'apparenza del bene, la loro mente non cessa di osservare attentamente.

La vita dei santi è dunque una vita vigilante, ma non è così sfacciata da cadere nella superbia, che eccede in parole e si presenta come pura libertà. Né è così umile da cedere all'insicurezza, che limita l'animo fino a non osare parlare di ciò che è giusto, scambiando questa timidezza per umiltà. Né è così sobria da scivolare nell'avarizia, che si camuffa spesso da parsimonia spingendo a non condividere i propri beni con il prossimo bisognoso. Né è così misericordiosa da essere prodiga, perché non considera mai la prodigalità misericordia. Infatti, un conto è dare il necessario al prossimo per bontà, altro è dissipare il proprio patrimonio senza tener conto della ricompensa finale. Di ogni cosa che facciamo, fin dalla sua intenzione, dobbiamo sempre domandarci quale merito ne avremo presso il giudizio del Creatore. Per questo lo stesso Creatore dice: «Se il tuo occhio è sano, allora anche tutto il tuo corpo sarà nella luce». Riferendosi all'occhio per indicare l'intenzione e al corpo per indicare l'azione. Se la nostra intenzione presso Dio è retta, anche la nostra azione sarà giudicata priva di tenebra. È questo il motivo per cui il corpo dei santi è detto essere pieno di occhi da ogni parte, perché ogni loro azione è colma e circondata da vigile sollecitudine, esaminandosi con cura sotto ogni aspetto, per evitare il male evidente e quello che si camuffa di bene […].


(Gregorio Magno, Homeliae in Ezechielem prophetam, I, 7.10, in CCL 142. Citato nella Filocalia Occidentalis a cura di padre Michele Di Monte, Monasterium 2019)





Commenti

Post popolari in questo blog

Chi magna er dolce caca l'amaro

Lettera al futuro

Siamo tutti dei re